ROMA- Era il meno accreditato alla vigilia di poter tentare il colpaccio a Roma dove non ha mai vinto e neanche il feeling con la terra rossa è così particolarmente intenso; sebbene accreditato della seconda testa di serie, lo scozzese Murray nel giorno del suo 29° compleanno, si ritrova in finale, un po’ perché i big (Nadal, Djokovic, Federer) erano nella parte di tabellone avversa alla sua, un po’ perché dalle sue parti campioni del calibro di Wawrinka, Ferrer e Berdych si sono eclissati quasi subito. Così Murray, senza cedere neppure un set nel torneo, e con una buona dose di determinazione, ha prima estromesso fortunello Pouille, il francesino che da lucky loser è giunto a giocarsi la sua prima semifinale in un Masters 1000, e poi è volato per la prima volta verso l’atto conclusivo del torneo (il suo miglior risultato era la semifinale del 2011 con Djokovic, persa al tie break del terzo) . E sempre con il numero 1 del mondo serbo se la dovrà vedere, se vuole alzare la Coppa degli Internazionali. Djokovic per la verità è arrivato a questa finale con grandissima fatica, spendendo tante energie tra Bellucci (preso un cappotto, 6-0, nel primo set), tra un Nadal in parte ritrovato e un Nishikori mai domo, che lo ha trascinato per tre ore di gioco (match concluso alle 23.15 circa) altalenante. A dir la verità, dopo il primo game, Djokovic, dolorante alla caviglia sinistra per essersi colpito accidentalmente con la racchetta, ha chiamato subito un Medical Time Out per farsi trattare. E pensare che il giocatore a rischio doveva essere il giapponese Nishikori, che aveva chiuso il match di ieri con un impacco di ghiaccio sulla coscia! Ma il brivido iniziale per fortuna è restato tale, perché il numero 1 del mondo ha continuato, seppure bombardato da accelerazioni continue, perfetto gioco di anticipo e quant’altro ha sciorinato in scioltezza Nishikori. Insomma, dopo 44 minuti Djokovic aveva perso un altro set. Ed ha confermato di essere in difficoltà sino al nono gioco quando, al decimo tentativo, ha strappato il servizio al nipponico e pareggiato il conto dei set. L’inerzia del match quindi era tutta indirizzata a Belgrado, Djokovic sembrava finalmente padrone del campo, invece dal possibile 5-1 il suo favore si passa a 4-3, con Nishikori lesto a recuperare il break di svantaggio al terzo tentativo. Il giapponese quindi era ancora ben dentro al match e lo ha dimostrato salvando un match point sul 30-40 (servizio esterno dritto in contropiede) e guadagnandosi il 5-5 e successivamente il tie-break finale, dove addirittura Nishikori si è trovato avanti 3-1. Poi però Djokovic ha messo il turbo, fatto sei punti di fila e chiuso al quarto match point. Il programma prevede che la finale maschile Djokovic-Murray (i precedenti sono di 23-9 in favore del serbo, quest’anno 2-0 Djokovic, vittoria agli Australian Open e in tre set la scorsa settimana alla finale di Madrid) si svolga non prima delle 17 mentre la finale femminile alle 14. E quella delle donne è un ultimo atto particolare, quasi senza tempo, con due tenniste americane di fronte, ognuna di una generazione. Certo, se vincesse la sorprendente 21enne Madison Keys (giustiziera della terza testa di serie, la spagnola Muguruza) sulla 34enne Serena Williams (che ha passeggiato in semi con la romena Begu) si potrebbe anche parlare di passaggio di testimone, di ricambio generazionale già arrivato a destinazione. E’ chiaro che ad essere favorita è Serena, numero 1 del mondo e (pare) tornata sui suoi livelli inarrivabili dopo i guai fisici di inizio stagione ma la freschezza e l’esplosività della Keys non sono da sottovalutare. Sarà un bel match, lo desideriamo equilibrato. Perché di solito dove c’è Serena non c’è speranza (per l’avversaria di turno).
Andrea Curti
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