ROMA- Quando lo hanno presentato al Festival di Berlino, Fuocoammare non
potevamo vederlo. Eppure ben sapevamo dei complimenti a Gianfranco
Rosi. Dopo aver meritatamente vinto l’Orso d’Oro, il film interamente
dedicato al popolo lampedusano e alle tristi vicende relative
all’immigrazione, concorrerà alla prossima notte degli Oscar. In
palio, la statuetta come miglior film straniero.
In Fuocoammare non c’è caccia al clamore di una notizia, come nemmeno
un colpo di scena. Il film non è stato campione di incassi. Al
contrario è passato quasi inosservato nelle sale cinematografiche, con
risultati scarsi al botteghino.
A raccontare sono gli occhi di un bambino innocente come tutti, alla
ricerca della sua identità. Samuele va a scuola, gioca con i suoi
compagni, si diverte a lanciare sassi in acqua, ma non osserva mai i
migranti e non conosce ciò che accade in mare aperto. Ne sa fin troppo
invece il coprotagonista: Pietro Bartolo è l’unico medico che a
Lampedusa deve costantemente occuparsi dei migranti.
Di fronte alla scelta di candidare questo film non mancano le
discussioni. Primo tra tutti a scatenare polemiche è Paolo Sorrentino.
Il regista napoletano, premiato nel 2014 per La grande bellezza, parla
di “masochistico depotenziamento del cinema italiano”. Ma che la
scelta sia azzeccata o sbagliata, ce ne renderemo conto il 27 gennaio,
sperando dal nostro canto, che la nomination possa regalare una nuova
soddisfazione al cinema italiano.
Eugenio Bonardi
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