ROMA- Il derby all’Olimpico con un pubblico da Flaminio ha riacutizzato la tendenza di una “stracittadina in tono minore”. Un partita che interessa la città, tre milioni di romani (e magari un pezzo di regione) ma non sensibilizza i 61 milioni di abitanti del Belpaese. La conferma della supremazia recente della Roma ricolloca le due squadre in un andante noto. Manca sempre la classica lira per fare il salto di qualità. La Roma rispetto al consueto duello ha trovato un Napoli in grado di frapporsi e dunque il mitico e consolidato traguardo della Champions, a meno di un cambio di rotta (v. la campagna acquisti) si misurerà l’anno prossimo con la consueta condizione di inferiorità rispetto a quello che passa il convento estero. Ancora più limitati i traguardi della Lazio con un Pioli esonerato (Inzaghi è il nuovo tecnico della squadra costretta al ritiro di Norcia dopo la pesante sconfitta con la Roma), per progressiva involuzione e una rosa in gran parte da ristrutturare . Rimangono i problemi di cornice e di espansione con i progetti dello stadio inevitabilmente fermi. Molto raramente si discute su quello della Lazio mentre il progetto giallorosso, che aveva avuto un buon avvio sotto Marino, sembra destinato a tornare definitivamente ai box specie se, come raccomandano i sondaggi, il nuovo sindaco di Roma potrebbe avere l’identità “stellina” della Raggi. Dunque la grande soddisfazione giallorossa e la profonda insoddisfazione biancoceleste dovrebbero avere contorni più sfumati. Il primato e le innovazioni non sembrano di casa sotto il Cupolone.

DANIELE POTO