ROMA-I Giochi Olimpici (più correttamente, non le Olimpiadi) risentono della crisi dei tempi. E fortuna vuole che la decisione dell’assegnazione, presa in tempi non sospetti, abbia privilegiato il Brasile, apparentemente e fortunatamente lontano dalla minaccia del terrorismo. Ma all’insicurezza del mondo attuale corrisponde l’insicurezza del certamen sportivo. Dove si scoprono medaglie d’oro sporche risalenti a otto anni prima, intere importanti federazioni (quella russa d’atletica) messe al bando, pallavoliste azzurre dopate scoperte quasi in extremis, un marciatore (Schwazer) che dovrà meritarsi a tavolino la possibile partecipazione alla gara olimpica dei 50 chilometri. Doping e geopolitica sconvolgono un assetto che, per la verità, tra boicottaggi e sfruttamento mercantile, mai veramente calmo e trasparente è stato. L’Italia uscirà dal G 8 del medagliere in un contesto difficile dove ci sono nazioni come la Turchia di Erdogan che nazionalizzano a spron battuto e che sono pronte a fare il pieno non solo nei pesi e nella lotta ma persino nell’atletica grazie alla politica del passaporto facile. Renzi è già lì per sensibilizzare una causa che sembra già persa. Come si può infatti portare avanti la candidatura di Roma per i Giochi del 2024 contro l’ostilità del Comune di Roma? La verità è che bisogna far finta di crederci per spendere legittimamente i dieci milioni di euro assegnati al comitato promotore, navicella in cui sono saliti in molti e non tutti con gli stessi meriti. Luca Di Montezemolo ha capito l’antifona e si è provvidenzialmente defilato: non gli piace perder facile. Per tutto agosto ci sentiremo tutti tifosi mentre i problemi strutturali dello sport italiano (reclutamento, assenza della scuola) presentano immancabilmente il conto.
Daniele Poto
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