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ROMA- “Abbiamo in mente di fare un vero e proprio porta a porta con i giocatori che vanno a bussare nelle case dei tifosi coinvolgendoli e facendoli sentire parte della famiglia Lazio”. Il progetto illustrato dal responsabile della comunicazione della Lazio Stefano De Martino presta inevitabilmente il fianco a innumerevoli considerazioni, in alcuni casi anche divertenti. Le battute in merito si sprecano. Si va da: “non fateli passare di mattina perchè lavoro” a “vorrei che fosse Parolo a bussare alla mia porta”, da:”fateli venire all’ora di pranzo così si mangia insieme” a: “la nonna non apre a nessuno, quindi avvertite prima”. Insomma un’iniziativa che inevitabilmente ha dato la stura al sarcasmo su social e su sms. Ma al di là di qualsiasi logica imprenditoriale evidentemente in società ancora non si è capito che per riconquistare i tifosi biancocelesti e riportarli allo stadio ci vuole ben altro che il toc toc sulla porta. Serve una progettualità a lunga scadenza, una struttura tecnica all’altezza di campionati difficili come quelli italiani,  giocatori ed allenatore di livello (Bielsa non si palesa ancora e questo preoccupa non poco) ma soprattutto un presidente che non fosse Lotito. Senza tutti questi presupposti appare scontato che lo stadio Olimpico resti una cattedrale nel deserto quando in campo scende la Lazio. Resta però la consolazione e l’ammirazione nel vedere sull’uscio di casa un giocatore magari con la maglia biancoceleste piuttosto che il solito rappresentante di elettrodomestici o di enciclopedie.