SENATO 2UN PAESE CON POCHE SPERANZE.

E’ chiaro che la prevenzione anti-sismica in Italia rimarrà un traguardo agognato ma lontano. Occorrerebbero 40 miliardi per mettere in sicurezza i luoghi sensibili del Paese e le casse nell’era del Patto di Stabilità non hanno in dotazione questa cifra. Né l’attuale politica dal pensiero corto potrà mai programmare di spendere questa cifra nell’arco di dieci anni (quattro miliardi all’anno) per approdare a un’importante risultato che ci metta in sicurezza alla stessa stregua del Giappone o della California, dunque resistenti anche a una scossa dell’ordine del settimo grado. Perciò è il tempo dei surrogati, delle promesse, delle tende e degli alberghi in una nazione i cui cittadini perdono progressivamente la speranza per andare avanti. Tanto più grave perché sono toccate dalla tragedie regioni tradizionalmente toste e feraci come l’Umbria e le Marche che sono state ad esempio per il progresso industriale e artigianale negli anni migliori. L’Italia reagisce in ordine sparso. A Viterbo scuole chiuse per tutta la settimana per controllare 41 istituti, a Roma no perché l’operazione (il controllo) sarebbe praticamente impossibile., E qualcuno subdora che i provvedimenti vengano presi anche in relazione alla possibilità che si ripeta una scossa di proporzioni pari a quella di domenica scorsa. I sismologi non confermano e non smentiscono. Certo è che l’Europa deve stralciare le spese eccezionali che il Governo dovrà inevitabilmente prevedere. Severità sì ma rigore estremo no. E su questo Renzi, una tantum, potrò riscuotere la solidarietà di tutti i partiti anche se l’unità nazionale purtroppo si ristabilisce solo in occasione di grandi tragedie o, più semplicemente, quando gioca la nazionale di calcio.

Daniele Poto