ROMA-Aria di resa di conti. Salvata la Costituzione ma quando la si attua?
Dopo il pathos la Grande Calma. Il battuto (Renzi) provvisoriamente si sfila, i vincitori (un fronte multiforme), a parte qualche esagitata propaggine, non infieriscono. Si sgonfia la tensione sul referendum e ne paga le conseguenze chi l’ha alimentata con un confronto personalistico, corpo a corpo, con una pressione mediatica esagerata e stucchevole. Il risultato del “no” è andato oltre le più ottimistiche previsione dei sondaggi, pagando dazio solo in tre regioni e nel voto all’estero, foriero di tante polemiche. E’ stato l’ennesimo risultato fuori copione dell’attualità geopolitica degli ultimi tempi seguendo in ordine cronologico la Brexit britannica e la clamorosa vittoria di Trump nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti. Se c’è una lezione comune da trarre da queste esperienze e che stampa e televisioni sono importanti ma non decisive. Che c’è nell’aria un’ondata di ribellismo che è foriera di tempesta. Che il voto in sé è positivo ma va anche a bocciare l’avversario politico e le sue intemperanze. Ora suona quasi ironica la grande marcia indietro, il vistoso riposizionamento, di tanti quotidiani nazionali (i cosiddetti “giornaloni”) che avevano puntato sul “si”. Dotte spiegazioni sociologiche commenteranno il risultato avverso, ancora una volta tra lo scetticismo e il disincanto dei lettori. Sempre di meno, sempre più perplessi. Ci auguriamo che non spiri aria di vendetta e di resa dei conti, anche all’interno dei partiti. L’Italia in questo momento di certo non può permetterselo. Le riforme vere vanno meditate nella possibile unanimità di consensi e a camere chiuse. Come suggeriva il grande saggio Calamandrei. I padri della Costituzione dunque non si sentono traditi dopo che il referendum metteva alla prova 47 articoli del loro combinato disposto mentre in settanta anni ne erano stati ritoccati solo 43. E se si provasse ora ad attuare la Costituzione, a partire dall’articolo 1?
Daniele Poto
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