ROMA- Che fosse una partita proibitiva per l’Italia di rugby (e non solo per la nostra nazionale) lo si immaginava, così come si sapeva che molti spettatori vanno allo stadio solo per vedere dal vivo la Haka degli All Blacks perché la partita, con i Tuttineri in campo, è segnata per chiunque; il 68-10 in un Olimpico di quasi 70.000 persone (il calcio se lo sogna…) per la Nuova Zelanda, benché in formazione sperimentale e con i titolarissimi in tribuna per i prossimi severi impegni (vedi rivincita contro l’Irlanda), non lascia alcun amaro in bocca al quindici azzurro del neo cittì irlandese O’Shea per la netta superiorità dei kiwi. Anzi lo stesso O’Shea si è detto soddisfatto per il coraggio mostrato dagli italiani, sebbene non abbia convinto il gioco al piede esasperato dell’Italia che ha lasciato l’80% del possesso dell’ovale ai neozelandesi. Le dieci mete degli All Blacks (con l’apertura Cruden “man of the match”) che sono campioni del mondo da otto anni ossia da due edizioni consecutive, ci possono stare nel contesto delle forze in campo e bisogna guardare il bicchiere mezzo pieno. Di cose positive se ne sono viste: la meta di Boni, ad esempio, che ha finalizzato l’intercetto di Gori, e la trasformazione di un Allan (bravo anche nei placcaggi) che, con lo stesso Gori, rappresenta la mediana migliore rispetto all’esperimento Bronzini-Canna. E poi l’orgoglio del quindici italiano, mai domo anche di fronte ai mostri Tuttineri. Archiviata quindi la Nuova Zelanda, ecco all’orizzonte il secondo test match di sabato prossimo a Firenze tra Italia e Sudafrica (altro incontro proibitivo) e poi, il sabato seguente a Padova, la terza ed ultima amichevole, quella più abbordabile ma non facile, contro Tonga. La preparazione verso il Six Nations 2007 dell’era O’Shea è appena iniziata.
Andrea Curti
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