L’Italrugby esce sconfitta dal match con la Scozia con la prospettiva di un cucchiaio di legno prevedibile alla vigilia del Sei Nazioni 2016, vuoi per l’anonimo mondiale inglese dello scorso settembre vuoi per il doveroso ricambio generazionale le cui colonne portanti (Parisse è la eccezione che conferma la regola, Castrogiovanni è invece la conferma) traballano pericolosamente. Il citti francese Brunel, che era sul punto di abbandonare la panchina azzurra alla fine dei Mondiali, pare aver stravolto il volto tecnico del quindici italiano puntando esageratamente sui trequarti per tralasciare le fonti fondamentali del gioco, mischia e touche, che avevano contraddistinto la forza fisica dell’Italia rugbistica. Stupisce anche il solito arbitraggio scandaloso, avverso agli azzurri nel momento clou della partita, che da troppi anni favorisce le squadre più blasonate quando queste (britanniche o francesi è indifferente) sono in chiara difficoltà. Agli azzurri insomma, al di là dei loro limiti tecnici e demeriti sportivi, non è perdonato nulla, per non dire che è preclusa ogni speranza di gloria; l’Italia è un buon mercato per il marketing del Six Nations, ai parrucconi dell’International Board piace venire a Roma dove si vive bene e si mangia meglio. Il rugby, che da noi è un optional, può aspettare.
Andrea Curti
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