110301-mdSe parliamo di Pier Paolo Pasolini, ci sono sempre tante cose da dire.
Un uomo semplicemente anticonformista, polemico nei confronti di una
società incapace di guardare i suoi mali e sempre pronto a schierarsi
dalla parte degli ultimi. Dal 1955, quando uscì il suo primo romanzo
ambientato in periferia, “Ragazzi di vita”, la risposta alla domanda
sul “perché la borgata?” fu molto chiara. La periferia era l’unico
luogo che si differenziava da tutti gli altri per la sua continua
“…autenticità rurale, semplice primitiva e non ancora corrotta dal
consumismo…”, principale responsabile però di una vita vissuta come
vuota e subalterna che ti fa desiderare di uscire da quel contesto,
verso l’evoluzione tecnologica borghese. Un ideale che si potrebbe
definire “nuova laicità consumistica”, che trasformavano l’uomo in un
essere solo e schiavo delle convenzioni.
Pier Paolo nel battere a macchina i suoi testi e nel dirigere le sue
pellicole, era un “osso duro” nei confronti della società e del
potere. In ogni parola come in ogni scena, si nascondeva sempre
qualcosa su cui riflettere. Infatti, il poeta manifesta più volte
disagio, anche nelle opere future, come l’episodio del film La ricotta
in Ro.Go.Pa.G, dove non esita a definire la borghesia italiana come la
“più ignorante d’Europa” e mostrare tutto il disprezzo nei confronti
dell’uomo medio, semplicemente qualunquista e chiuso in se stesso. Ma
questo è solo l’inizio: ancora più polemiche si rivelano le lezioni di
Pier Paolo a Gennariello, il giovane immaginario quindicenne che aveva
il privilegio di averlo come pedagogo nel 1975. Il libro “Lettere
luterane” contiene quelle famose lezioni sulla malamministrazione
politica, indirizzate ai ragazzi che all’epoca sentivano il diritto di
protestare. Purtroppo per loro, e anche per chi è venuto dopo, l’opera
è rimasta incompleta. L’autore in quel periodo aveva giustamente
preferito dibattere la progettazione di un processo ai danni dello
Stato e realizzare il suo film più crudo: Salò o i 120 giorni di
Sodoma. Poi purtroppo, è accaduto ciò che conosciamo bene tutti.
Ripensando a ciò che è accaduto in quella ferale notte del 2 novembre
1975 e al suo inarrestabile desiderio di cambiamenti, tornano in mente
le parole di “Un giorno dopo l’altro” la canzone meravigliosa scritta
da Luigi Tenco, altro personaggio deceduto tragicamente e poco
compreso come lui. “…Gli occhi intorno cercano quell’avvenire che
avevano sognato, ma i sogni sono ancora sogni e l’avvenire ormai quasi
passato… la nave ha già lasciato il porto e dalla riva sembra un punto
lontano. Qualcuno anche questa sera torna deluso a casa piano piano…”.

Eugenio Bonardi