L’Italia del basket è incappata nella sua Corea. E’ successo a Reggio Emilia contro la
Cenerentola Islanda, squadra di alcun blasone cestistico. Sconfitta secca e meritata
per 81-74, la pagina più brutta di una storia ormai secolare della nazionale. I nodi
vengono al pettine se giocano in azzurro elementi che assistono all’esibizione degli
stranieri tra campionato e Coppe (Bortolani, Caruso, Flaccadori) e che sono
raccomandati solo dal tesseramento di Milano. Un sistema lobbystico che riflette i
mali del vertice fino alla base. Con un presidente di federazione quasi ottantenne
(Petrucci) che pensa solo alle prossime elezioni dove dovrà difendersi dall’attacco
del più giovane Valori. Con un club (Milano) che dissipa denari inutili per puntuali
disastri in Eurolega , guidato da un tecnico (Messina) considerato ormai fuori moda,
capace nel recente passato della competizione continentale di perdere 15 incontri di
seguito senza venire sostituito. Precedente inconcepibile nel calcio. Parliamo dello
stesso coach che dilapidò un milione mezzo di euro, il prezzo della fiche federale per
ospitare la Croazia nella partita spareggio per la qualificazione olimpica del 2016,
puntualmente persa come mille altre battaglie. C’è una cinghia di trasmissione che
s’irradia dal vertice e che miete posti di collocamento (Pozzecco, Poeta, Casalone,
Datome) senza che alle investiture corrisponde il merito tecnico e/o dirigenziale. E
così il basket italiano affonda, con spazi sempre più ristretti riservati alla maglia
azzurra affollata di giocatori di 33 anni (Melli, Ricci) senza che nessuno si crei il
problema di trovare adeguati ricambi. Lo specchio della situazione è la palese
inadeguatezza di Pozzecco, uno che si affida ai vice nei minuti di sospensione e che
si distingue solo per le reiterate proteste sanzionate da falli tecnici. L’Italia ha
giocato meglio senza di lui vincendo contro l’Islanda in trasferta con 24 punti di
margine. Pozzecco era rimasto negli spogliatoi per una forte emicrania.

DANIELE POTO